Per rispondere alle criticità che stanno complicando la stabilità del mercato energetico mondiale la Commissione europea ha presentato REPowerEU, un piano europeo per risparmiare energia, produrre energia pulita, diversificare l’approvvigionamento energetico.
Il programma REPowerEU è sostenuto da misure finanziarie e provvedimenti legislativi volti a costruire la nuova infrastruttura e il nuovo sistema energetico di cui l’Europa ha bisogno. Prima dell’aggravarsi della crisi energetica il PNRR si qualificava già come piano di slancio verso la sostenibilità. Purtroppo il conflitto fra Russia e Ucraina ha provocato uno scatto in avanti delle politiche sull’energia a livello comunitario. I segnali di un grande disagio sul fronte dei costi dell’energia risalgono all’autunno del 2021, ma è stata l’esplosione della guerra in Ucraina a determinare la necessità di un’ulteriore svolta: la necessità di rendere l’Unione Europea rapidamente indipendente dai rapporti commerciali con la Federazione Russa soprattutto in materia di risorse energetiche da idrocarburi è diventata pressante al punto che dal momento di avvio delle ostilità il 24 febbraio sono passati meno di quindici giorni perché si aprisse il tavolo di elaborazione di una strategia energetica che mettesse l’Europa al riparo dalle minacce e dai ricatti su prezzi esercitati da Mosca.
L’elaborazione del REPowerEU si è conclusa il 18 maggio con la produzione di un documento importante, articolato su quattro assi, uno più di geopolitica economica ed energetica, la necessità di sostituire – in parte – il gas e il petrolio russo con gas e petrolio di altre provenienze (USA, Canada, Norvegia, Algeria, Egitto) e di sostituire un’altra parte di questa risorsa con la produzione di idrogeno liquido, una sorgente che sta crescendo fortemente nella percezione di molti operatori e le altre tre più strettamente pertinenti la materia di questa rubrica: risparmio energetico e sviluppo si sorgenti di energia rinnovabile corroborati da un piano di investimenti decisamente imponente, ben 220 miliardi di Euro!
REPowerEU: risparmiare ma con quali conseguenze?
Il messaggio principale che passa dalla presentazione del documento di REPowerEU è sicuramente quello che ognuno di noi, privato cittadino o operatore economico, può fare del suo meglio per consumare meno energia. Ma i risvolti che questo messaggio contiene sono numerosi e interessanti: il primo è anche abbastanza immediato, perché si fa esplicito riferimento ai benefici economici di indotto generati dalla necessità di utilizzare meno energia.
La scelta di prodotti meno energivori, di tecnologie meno energivore, di metodologie impiantistiche e progettuali meno energivore è un ragionamento su ampia scala che abbiamo visto adottare nel nostro Paese in maniera ampia e articolata negli ultimi anni attraverso politiche di incentivazione di vario tipo, da quelle più consolidate come gli Ecobonus a quelle più recenti e oggetto di una progressiva stabilizzazione come il Superbonus 110%, ma il tema a ben guardare è molto più largo e forse per la prima volta emerge in maniera determinante che ciò che genera risparmio ovvero tutto ciò che consuma di meno deve essere messo in più stretta relazione con ciò che produce energia non importandone la materia prima dalla Russia ma soprattutto producendola in condizioni facilitate sia nella sostanza (energie rinnovabili) sia nella forma (burocrazia facilitata). Si muovono in questo senso le “sollecitazioni” ulteriori al risparmio che vengono proposte in aggiunta ai piani che già miravano all’indipendenza energetica da idrocarburi a medio-lungo termine e che vogliono raggiungere obiettivi ambiziosi (ma necessari per non gravare in maniera pesante sui conti pubblici e anche su quelli privati) con largo anticipo rispetto a quanto prospettato nei precedenti documenti come Fit for 55 sempre emanati dalla Commissione ma in altri tempi, meno stressati dalle infauste prospettive della guerra.
Con il REPowerEU il punto chiave è costituito da un innalzamento della percentuale di risparmi già prevista per il 2030: il target passa da un già impegnativo 9% a un ambizioso 13% con un innalzamento di quasi il 50% degli obiettivi: chiaro che per fare questo non sarà sufficiente ragionare di sostituzione di lampadine o di riduzione degli stand-by elettrici o di corretta chiusura delle porte di frigoriferi, ma – soprattutto – di un’adozione di strumenti capaci di ottenere prestazioni pari o di poco inferiori (si vedano le raccomandazioni a non forzare la mano con i condizionatori che persino il Premier Draghi ha voluto fornire) con consumi ridotti di ben tredici punti percentuali. Ma questo è forse un tema sul quale vedremo più impegnati i produttori a fornire soluzioni più efficienti a parità di prestazioni.
Incentivi per le energie rinnovabili
L’azione di sviluppo della decarbonizzazione e della riduzione della dipendenza dalla materia prima energetica fossile di provenienza russa passa per un incremento consistente della quota di energia rinnovabile prodotta nell’ambito dei Paesi comunitari: anche qui in fatto di obiettivi non si scherza, perché si chiede ai Paesi dell’Unione di passare da un target del 40% a un target del 45% entro i prossimi otto anni. Nel 2030 si vorrebbe così un incremento rispetto agli obiettivi precedenti del 12,5% e ci permettiamo di dire che non si tratta di cosa da poco.
Trascuriamo di approfondire la produzione di idrogeno o i 3 miliardi di euro per la decarbonizzazione sul fronte industriale, soffermandoci sulla consistente spinta verso l’utilizzo dell’energia solare su larghissima scala. I trecento miliardi di euro aggiuntivi che la Commissione vuole mettere in campo a fianco del fondo destinato a resilienza e ripartenza che aveva già lasciato un’impronta ben definita nelle politiche nazionali sono davvero una quantità di risorse che può fare la differenza soprattutto se integrata con quella spinta alla semplificazione normativa che è necessaria e che ha già dato i suoi primi segnali positivi con la promulgazione del Decreto Semplificazioni recentemente approvato, ma che richiede un ulteriore snellimento.
La Commissione auspica che i tempi per attivare le nuove installazioni non superino l’anno, una misura che è quantomeno vincolante se vogliamo arrivare agli obiettivi prefissi: cinque o sei anni di tempo per mettere a punto la parte burocratica riguardante l’installazione di un parco fotovoltaico sono letteralmente un controsenso rispetto ad un’urgenza che sta portando a rivedere drasticamente anche i fornitori di combustibili fossili e a cambiare paradigma su alcuni argomenti (ricordiamo la recente inclusione dell’energia nucleare fra le modalità di produzione “ambientalmente sostenibili” grazie alle tecnologie del nucleare di quarta generazione).
Il tema del fotovoltaico è tutto da rivedere in Italia alla luce delle contraddizioni generate da precedenti esperienze come quelle del Conto Termico, dalle quali non siamo ancora del tutto usciti: ancora viva è la percezione che molti dei pannelli fotovoltaici presenti sui tetti delle case private siano un costo in bolletta per tutti più che un reale beneficio per il bilancio energetico del Paese, ma dall’epoca delle prime campagne di diffusione dell’installazione in ambito residenziale è successa una cosa che forse ci fa guardare a questa soluzione in un modo diverso.
In primo luogo molto di quanto un tempo funzionava con combustibili primari fossili (il riscaldamento, per esempio) è oggi sempre più aperto alla versione elettrica grazie alla pompa di calore e all’inverter, per cui possiamo dire che la quota di energia elettrica prodotta per via fotovoltaica e destinata all’autoconsumo è cresciuta notevolmente ed è nata in secondo luogo una crescente capacità di accumulo, prima dell’energia termica e in tempi più recenti anche di quella elettrica con le batterie di taglie sempre più modulari che permettono uno stoccaggio ancora una volta utile ai fini dell’autoconsumo e della minore immissione di energia in rete con benefici economici scarsamente quantificabili.
Se queste note non fanno parte del testo di REPowerUE è comunque vero che senza questa evoluzione sarebbe davvero complesso pensare ad una diffusione massiva come quella che si ipotizza in questi giorni negli organi di informazione del fotovoltaico, seppure incentivata. Ancora una volta l’innovazione tecnologica ci pone nelle condizioni di integrare elementi e rendere efficiente e sostenibile la produzione e l’uso dell’energia elettrica solo a condizione che si affronti il processo produzione – immagazzinamento – dispacciamento – utilizzo nelle forme più ottimizzate e sensate.
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