Uno dei più ricorrenti problemi che preoccupa i tecnici che eseguono la manutenzione sugli impianti frigoriferi in generale e sui condizionatori split in particolare è il controllo della pressione di condensazione.
Il condizionamento non è sempre solo destinato al comfort umano, vi sono applicazioni quali i locali tecnologici che contengono dispositivi in grado di generare carichi termici elevati durante tutto l’arco dell’anno, anche nelle stagioni fredde. Se l’impianto non è specificatamente progettato, spetta al tecnico manutentore intervenire per cercare di ripristinare il regolare funzionamento del circuito quando si manifestano problematiche legate alle basse temperature esterne
Nelle giornate particolarmente calde e umide, se l’apparecchiatura deve rigettare il calore nell’aria ambiente, nascono problemi legati al fatto che tale pressione raggiunge livelli limite, per cui intervengono le protezioni che arrestano il funzionamento dell’impianto. Proprio nel momento in cui, data la calura che opprime, è necessario che l’apparecchiatura dia il massimo delle proprie prestazioni, viene a mancare il servizio richiesto, cosa che, molte volte, crea forti disagi e malumori negli occupanti i locali che devono essere raffrescati.
Anche senza giungere a questi casi estremi, però, il fatto che il circuito debba lavorare con una pressione di condensazione superiore al valore standard comporta delle conseguenze che si riversano sull’intero circuito e che si ripercuotono in maniera negativa sul compressore. In generale si può affermare che condensare a pressioni troppo alte porta a un calo della resa frigorifera dell’apparecchiatura che si riflette in un aumento dei consumi e in un precoce deterioramento di alcuni componenti del circuito frigorifero. Per tale ragione, uno dei compiti dell’addetto alla manutenzione del circuito è quello di creare le condizioni affinché la pressione di condensazione non ecceda i suoi valori nominali se non per cause che sono inevitabili. Sostanzialmente, quindi, ci si deve accertare che il condensatore sia messo nelle condizioni operative di poter scambiare in maniera ottimale il calore con l’aria o l’acqua di raffreddamento e, quindi, di controllare meticolosamente il suo stato strutturale (condizione delle alette, funzionamento della ventola, stato del convogliatore d’aria ecc.) e le sue condizioni esterne di pulizia (superficie, filtri, griglie di protezione ecc.),
IL PROBLEMA DELLA BASSA PRESSIONE DI CONDENSAZIONE
V’è da dire, però, che non solo una pressione di condensazione elevata può provocare problemi di funzionamento, ma anche una pressione di condensazione eccessivamente bassa causa anomalie che possono condurre, anche in questo caso, a una riduzione della resa frigorifera complessiva. La pressione di condensazione può scendere a livelli troppo bassi quando lo scambio di calore risulta essere eccessivo: caso tipico è quello in cui la temperatura dell’aria esterna risulta essere molto bassa. Chi lavora sui circuiti per la refrigerazione che prevedono l’unità condensante in aria, posta nell’ambiente esterno, conosce bene questo problema, in quanto è piuttosto diffuso. In condizionamento, invece, questa situazione è meno frequente. Infatti, a questo punto, ci si può chiedere come può essere che quando la temperatura dell’aria esterna è molto bassa ci sia la necessità di condizionare un ambiente dato che, in maniera intuitiva, si è portati a pensare che anche all’interno dei locali non vi sia un eccesso di calore che deve essere sottratto.
CONDIZIONAMENTO DEI LOCALI TECNOLOGICI
Il tradizionale e più diffuso impiego di un condizionatore split, infatti, avviene nella stagione estiva, quando gli ambienti residenziali o piccolo commerciali devono essere raffrescati e garantite condizioni di sufficiente benessere agli occupanti, anche se le temperature esterne toccano picchi da clima tropicale. Un impiego meno diffuso, ma altrettanto importante per la funzione che svolge, prevede l’impiego di alcune tipologie di split per mantenere condizioni standard di temperatura all’interno dei locali tecnologici (figura 1) che contengono al loro interno apparecchiature elettriche che producono un carico termico durante tutto l’arco dell’anno. In tali situazioni, quindi, la necessità di raffrescamento non è dovuta alle infiltrazioni di calore che provengono dall’esterno del locale da trattare, ma è dovuta a cause endogene al locale stesso, indipendentemente dalle condizioni climatiche esterne. È così che nelle cabine elettriche, nelle centrali telefoniche, nei locali a servizio delle antenne per le telecomunicazioni e nei container le apparecchiature elettriche ed elettroniche in esse contenute rappresentano una fonte di calore permanente, dì e notte, estate e inverno indifferentemente.
Dal punto di vista dell’equilibrio di funzionamento del circuito frigorifero, invece, dì e notte o estate e inverno non sono equivalenti: nelle calde e soleggiate giornate estive le condizioni di lavoro del condensatore sono decisamente diverse da quelle delle freddi notti invernali. Quando la condensazione avviene in aria, le temperature di lavoro del condensatore seguono la variabilità delle temperature dell’aria esterna. Nello specifico essa crolla durante la stagione invernale e di notte, e questo comporta una consistente diminuzione dell’alta pressione del circuito. A seguito di ciò sussiste la concreta possibilità che l’evaporatore venga sottoalimentato di liquido refrigerante poiché la portata del dispositivo d’espansione (valvola ma ancor più capillare) si riduce notevolmente quando la pressione che si registra a monte diminuisce.
CONSEGUENZE E PROBLEMATICHE
La minor quantità di refrigerante che giunge all’evaporatore del condizionatore provoca una diminuzione anche della sua temperatura e della sua pressione di lavoro (figura 2) e, soprattutto, una diminuzione dell’effetto raffreddante che l’apparecchiatura è in grado di garantire. Danno conferma di tale situazione il valore del surriscaldamento del gas all’uscita dell’evaporatore, che tende ad aumentare, e i prolungati stati di funzionamento del compressore, che cerca di compensare la minore capacità di raffrescamento che si viene a creare. Se il surriscaldamento tende ad aumentare, in caso di presenza di valvola d’espansione vi è una “reazione” della valvola stessa, che tende ad aprire completamente il proprio orifizio proprio per cercare di compensare la minore portata di refrigerante che si verifica a seguito dell’abbassamento della pressione di condensazione. Ovviamente anche la valvola, una volta che ha spalancato del tutto il proprio orifizio non può spingersi oltre, per cui comunque l’evaporatore risulta essere sottoalimentato di refrigerante. Nel caso di capillare come dispositivo di espansione la situazione è molto più problematica perché quest’ultimo non ha capacità di variare la portata di fluido frigorifero che lo attraversa. Tale situazione è una delle più delicate che si possono presentare.
COME RIMEDIARE
Nella maggior parte dei casi, per il raffrescamento dei locali tecnologici vengono impiegate apparecchiature già pensate ed equipaggiate con i necessari dispositivi idonei a contrastare le problematiche di funzionamento che sono state descritte. In alcuni casi capita, invece, che le apparecchiature in servizio siano quelle d’uso comune, destinate al comfort umano, o che siano datate e quindi soggette a un funzionamento critico durante certe parti dell’anno. In tali evenienze è possibile intervenire per cercare di ripristinare un più regolare funzionamento del circuito frigorifero del condizionatore.
Assolutamente da evitare è l’aggiunta di refrigerante al circuito frigorifero. Vero è che la sua aggiunta porta ad un rialzo immediato delle pressioni di lavoro del circuito, sia quella di condensazione che quella di evaporazione, e che l’apparecchiatura sembra riprendere la sua regolarità di funzionamento dato che l’aggiunta del gas in più tende a compensare la mancanza di refrigerante che si registra all’evaporatore, ma tale soluzione risulta essere temporanea e non risolutiva, giacché nel momento in cui la temperatura dell’aria di raffreddamento del condensatore tornerà ad aumentare il circuito frigorifero andrà sicuramente in crisi proprio a causa del surplus di refrigerante presente all’interno del circuito stesso. Non è da escludere, anzi, che nelle condizioni di temperatura dell’aria più alte vi sia la possibilità che, a seguito di ciò, intervengano le protezioni a fermare completamente l’apparecchiatura. Situazione, questa, di una certa gravità, dato che al calore di produzione interna si sommano le infiltrazioni di calore provenienti dall’esterno che portano le temperature interne a valori pericolosi per l’integrità dei dispositivi elettrici ed elettronici che lavorano all’interno del locale. Nemmeno è pensabile che, per risolvere il problema contingente, si proceda a togliere la quantità di gas che si era aggiunto nella stagione più fredda dato che un circuito frigorifero non è concepibile come un mero contenitore in cui si aggiunge o si toglie con frequenza parte del suo contenuto a seconda delle stagioni.
Intervenire sulle condizioni di scambio. Un intervento più pertinente ed efficace in questa situazione è quello di premurarsi di contrastare il normale abbassamento della pressione di condensazione intervenendo sulle condizioni di scambio. Infatti, tale abbassamento è causato dalle favorevoli condizioni di rigetto del calore, dovute alla bassa temperatura dell’aria esterna.
Velocità della ventola del condensatore. Una prima soluzione può essere quella di intervenire sulla velocità della ventola del condensatore, riducendola, o addirittura provvedendo a far in modo che essa si arresti. Per ridurre la velocità della ventola si può pensare all’installazione di un semplice potenziometro in grado di agire sul numero di giri della ventola. Esistono varie alternative in merito, ciascuna con capacità di regolazione più sofisticata e aderente alle necessità operative che vediamo di seguito.
Potenziometro a regolazione manuale. Una di queste, la più semplice e meno costosa, prevede l’utilizzo di un potenziometro a regolazione manuale, che però presente l’inconveniente di dare una regolazione sempre fissa, a meno che non si intervenga sulla sua impostazione: evento che può richiedere molteplici e frequenti interventi di regolazione se l’andamento delle temperature dell’aria esterna è estremamente variabile e quindi impegnativo dal punto di vista dell’intervento umano.
Potenziometro con sonda di temperatura. Una soluzione un po’ più sofisticata, ma anche più costosa, può prevedere l’impiego di un potenziometro con sonda di temperatura che può lavorare con parametro di riferimento la temperatura dell’aria ambiente o la temperatura di condensazione.
Potenziometro che definisce la propria regolazione in base alla pressione di condensazione. Ulteriore soluzione potrebbe essere quella di un potenziometro che definisce la propria regolazione in base alla pressione di condensazione: in questo caso è necessario dotarsi di una sonda di pressione da collegare al circuito frigorifero, compreso un trasduttore in grado di fornire un segnale elettrico che deve essere gestito poi in maniera opportuna.
Intervenire sulla superficie di scambio del condensatore. Una soluzione molto spartana, ma dal costo praticamente nullo, può essere quella di intervenire sulla superficie di scambio del condensatore, che deve essere ridotta per compensare la notevole capacità di scambio termico che possiede l’aria a bassa temperatura. Questa soluzione prevede il semplice posizionamento di un oggetto (cartone, telo, o quant’altro) che sia capace di limitare la portata d’aria che transita attraverso lo scambiatore (figura 3). Ovviamente, per evitare che esso venga spazzato via dalla forza premente del flusso d’aria, tale oggetto va fissato saldamente alla griglia attraverso cui viene espulsa l’aria di raffreddamento del condensatore.
Valvole regolatrici della pressione di condensazione. Soluzioni più sofisticate possono prevedere l’installazione di valvole regolatrici della pressione di condensazione, da installare subito a valle del condensatore, capaci di mantenere la pressione sempre ad un valore superiore al valore di taratura che viene impostato. Tali valvole provvedono a chiudere progressivamente il passaggio del refrigerante liquido che esce dal condensatore, in modo tale che esso si accumuli all’interno dello scambiatore e quindi, in sostanza, provochi una riduzione della superficie di scambio disponibile. Tale fatto provoca un rialzo della pressione di condensazione, al quale segue la riapertura dell’orifizio della valvola, riapertura che perdura fino a quando la pressione di condensazione rimane al di sopra del valore impostato sulla valvola stessa. Le valvole di questo tipo esistono sia nelle versioni con regolazione pneumatica sia con regolazione a gestione elettronica. Tale soluzione risulta essere, ovviamente, ottimale dal punto di vista della gestione della pressione, fatto che garantisce sempre un regolare funzionamento del circuito frigorifero e quindi l’erogazione della capacità frigorifera necessaria a soddisfare il carico termico presente all’interno del locale. Risulta, tuttavia, più complessa dal punto di vista impiantistico, giacché richiede l’impiego di alcuni componenti frigoriferi e/o elettrici specifici e ovviamente risulta più onerosa dal punto di vista economico.
Modulo a inverter. Soluzione ancora più efficiente consiste nel dotare il motore della ventola con un modulo a inverter, capace di gestire la sua velocità di rotazione in funzione del valore di pressione (figura 4). Qui l’impiantistica diventa più complessa, sia dal punto di vista delle sonde che della gestione dei segnali.
Free-cooling. Per ultima, abbiamo tenuto la soluzione che, se realizzabile, risulta essere più immediata e dagli esiti molto efficaci. Si tratta del free-cooling, ossia della modalità di raffrescamento naturale del locale grazie all’immissione in esso di aria dall’esterno (figura 5). Considerato che la problematica si manifesta proprio nella stagione fredda, non v’è niente di più ovvio che permettere a tale aria di penetrare nel locale per compensare tutto il carico termico presente. Tale possibilità è limitata dal fatto che l’aria proveniente dall’esterno deve possedere determinate caratteristiche fisiche e di purezza, dato che essa viene immessa in ambienti ove lavorano dispositivi che possono incontrare problemi di funzionamento, ad esempio legati all’umidità, alla polverosità, o ad altre caratteristiche proprie dell’aria. In tali evenienze è d’obbligo ricorrere all’impiego di filtri grossolani o fini per trattare doverosamente l’aria in ingresso. Alcune tipologie di apparecchiature di condizionamento, specificamente pensate per funzionare al servizio dei locali tecnologici, prevedono già la possibilità del free-cooling, essendo dotate di apposite serrande per l’immissione all’interno del locale dell’aria ambiente esterna.
(di Pierfrancesco Fantoni, interfred.it)
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