La circolare del 22 luglio scorso che ha dato attuazione al Decreto del 10 marzo del Dipartimento dei Vigili del Fuoco rappresenta un punto di svolta sul tema dei refrigeranti e del loro utilizzo.
La circolare del 22 luglio scorso che ha dato attuazione al Decreto del 10 marzo del Dipartimento dei Vigili del Fuoco rappresenta un punto di svolta sul tema dei refrigeranti e del loro utilizzo.
La normativa prevedeva il divieto di utilizzo di refrigeranti infiammabili in contesti specifici quali per esempio alberghi (DM 09/04/1994), centri commerciali (DM 27/07/2010), edifici per spettacoli pubblici (DM 19/’8/1996), ospedali (DM 18/09/2012), scuole (DM 26/08/1992), uffici (22/02/2006), spazi giochi per bambini (DM 16/07/2014), aeroporti (DM 07/07/2014) e interporti (DM 18/07/2014). Una misura considerata troppo restrittiva alla luce del Regolamento 517 UE, in relazione al fatto che la nuova generazione di gas utilizzati negli di impianti nuovi o già esistenti metteva in crisi l’installatore intenzionato a lavorare applicando la norma alla lettera. Si tratta infatti di refrigeranti definiti “leggermente infiammabili”, la categoria di gas A2L sempre più utilizzati tra le soluzioni sintetiche, che si sta affermando anche grazie alla necessità di effettuare retrofit su impianti a fine corsa senza ancora ricorrere a revamping, considerato sconveniente. Un’ampia gamma di nuove soluzioni prevede l’uso di questa tipologia di refrigeranti anche in nuove macchine, cosa che condizionava l’installazione di questi refrigeranti in contesti di valutazione e attuazione della prevenzione incendi secondo norma.
La nuova circolare chiarisce con precisione le nuove disposizioni: “il Decreto del 10 marzo 2020 consente la possibilità di utilizzo negli impianti di climatizzazione e condizionamento di macchine equipaggiate con refrigeranti classificati A1 e A2L superando così il vincolo di utilizzo di soli fluidi non tossici e non infiammabili”, fermo restando che vengono considerati impianti rilevanti ai fini della protezione antincendio. Ciò significa che i refrigeranti “leggermente” infiammabili possono essere usati anche in contesti soggetti alla normativa di prevenzione incendi. Questo allarga notevolmente le possibilità di intervento e le soluzioni a disposizione degli installatori che operano in questi contesti, sfruttando al meglio le potenzialità di mercato. Si tratta anche di una “conciliazione” fra due temi di norma, quella ambientale e quella sulla sicurezza, che fa leva anche sulla crescita di cultura e di sensibilità che si è verificata in quest’ultimo periodo con l’incremento di attenzione alla ricerca di perdite sia con strumenti fissi (al di sopra di certe dimensioni d’impianto) sia con l’obbligo ad attività di puntuale monitoraggio di eventuali perdite in impianti non dotati di strumentazione stabile.
Siamo a un punto in cui è apprezzabile questa apertura verso l’utilizzo di nuovi gas, che ribadisce quanto sia importante la professionalità e la qualità del lavoro di installazione per garantire la sicurezza. Nel testo di due sole pagine la prima è impiegata ad elencare le disposizioni di legge che determinano questa scelta e la seconda si apre con un richiamo forte ed esplicito alla regola d’arte (menzionata ben tre volte in poche righe), con una citazione perentoria della EN378 come norma a cui attenersi. La circolare precisa inoltre le modalità di comportamento conseguenti, dando istruzioni su come armonizzare la scelta di utilizzare questi refrigeranti con le procedure dedicate alla prevenzione incendi. In particolare stabilisce modalità specifiche di utilizzo e “organizzazione burocratica” per quanto concerne l’adozione di questi gas sia in contesti di nuova installazione sia in quelli in cui i gas vanno ad essere utilizzati in impianti esistenti.
Per quel che concerne le nuove installazioni si prevede che “la documentazione tecnica deve comprendere, in caso di valutazione del progetto ai fini del rilascio del parere di conformità antincendio, la “specifica dell’impianto” con indicazione del fluido utilizzato e delle caratteristiche di installazione delle macchine dimostrando il soddisfacimento dei requisiti di sicurezza dell’installazione tecnica in conformità alla regola dell’arte applicabile.” Ciò significa che già in sede di progetto ci deve essere raccordo fra chi progetta e installa da un lato e chi documenta la questione prevenzione incendi, un passo che rende l’infrastruttura di climatizzazione decisamente rilevante ai fini della sicurezza, ma lo fa in una sede preventiva. Altrettanto vale per l’avvio di un’attività soggetta a prevenzione incendi in cui sia installato un impianto refrigerato con queste tipologie di fluidi: in questo caso “la documentazione deve contenere – in caso di Segnalazione Certificata di Inizio Attività – la dichiarazione prevista dall’Allegato 3.2 del Decreto 7 agosto 2012 (dichiarazione di conformità) da inserire insieme al manuale d’uso e manutenzione nel fascicolo antincendio dell’attività.”
Questo specifico invito ad una collaborazione denota che l’apertura ai refrigeranti leggermente infiammabili è sostanzialmente subordinata ad una corretta interazione e collaborazione fra chi si occupa dell’impianto e chi si occupa di prevenzione incendi, in una modalità definita chiaramente e formalmente ineccepibile, in modo da togliere dubbi o spazi di interpretazione che ostacolino lo sviluppo. Per quanto invece concerne gli impianti esistenti, la circolare approfondisce la questione dei comportamenti suddividendo due modalità operative, quelle previste in caso di adozione di fluidi A1 e quelle che invece riguardano i fluidi A2L. La riconversione degli impianti con gas A1 è considerata esplicitamente “non rilevante ai fini della sicurezza antincendio”, tale per cui viene richiesto solo di rendere disponibile il manuale d’uso e manutenzione e la dichiarazione di conformità. Non è corretto: A1 è ammesso perché non infiammabile, ma andava comunque valutato il suo impatto in caso di incendio. L’uso di refrigeranti A2L comporta invece è considerato “rilevante ai fini della sicurezza antincendio e nel caso in cui non comporti un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza si rimanda alle procedure previste dall’Art. 4 comma 7 del decreto 7 agosto 2012. In tal caso, alla documentazione della SCIA dovrà essere allegata una dichiarazione di non aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza a firma del tecnico abilitato e la dichiarazione di conformità dell’impianto riconvertito.” Eseguire un retrofit implica di certificare di nuovo l’apparecchiatura/impianto alla direttiva PED se soggetto
Disposizioni sicuramente vincolanti, quelle elencate, ma la necessaria collaborazione fra impiantisti e manutentori da un lato e tecnici della sicurezza dall’altro è un passo in qualche modo obbligato per utilizzare consapevolmente nuove tecnologie pensate in chiave di tutela ambientale. La norma impegna ma non ostacola, se la si comprende e si usano gli strumenti a disposizione per adempierla al meglio si otterranno risultati di qualità e sostenibili nel tempo.
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