In questo articolo trattiamo la manutenzione della centrale termica, partendo dalle regole di costruzione della sala macchine. La centrale di produzione dell’energia termica a pompa di calore è un luogo fondamentale per la sua “centralità” nella strutturazione dell’impianto: il gioco di parole è legato al fatto tecnico che vede dislocati in questo ambiente gli elementi che determinano la variazione di pressione e temperatura del gas, ma anche a tutte le implicazioni di sicurezza che il funzionamento di questi elementi determina. Affrontiamo l’argomento centrale termica da due angoli visuali complementari e strettamente interconnessi, quello di Luca Tarantolo e quello di Massimo Giammatteo, rispettivamente esperto di applicazione della UNI EN 378 e tecnico di lunga data su impianti di climatizzazione che ci forniscono considerazioni sia di metodo di costruzione sia di logiche di intervento in fase manutentiva.
È un dato di fatto che il punto di massima attenzione nella strutturazione di un impianto è il luogo in cui viene posta la centrale termica, sia essa dedicata al freddo o alla regolazione del clima dell’ambiente. Lo è perché in essa avvengono le azioni dell’impianto che determinano, per soddisfare le esigenze delle utenze, l’attivazione e il funzionamento del generatore termico che a sua volta richiede il cambiamento di pressione del gas refrigerante che di conseguenza permette di dar luogo all’azione di asportazione o cessione del calore dell’aria nell’ambiente. La questione è fondamentalmente legata alle caratteristiche che deve avere non tanto e solo l’apparecchiatura che realizza il lavoro del ciclo frigorifero quanto lo spazio che la ospita, per ragioni in gran parte riconducibili al fattore sicurezza. A presiedere l’argomento sotto il profilo della norma tecnica sono le diverse sezioni della UNI EN 378, che tratta appunto della questione e che definisce le caratteristiche che deve avere l’impianto e la centrale per i differenti fattori di rischio contemplati, cioè pressione, infiammabilità e tossicità del gas utilizzato.
La norma UNI EN 378 per la sala macchine
“La sala macchine è un luogo definito con precisione dalla norma tecnica UNI EN 378: Sala macchine: stanza chiusa o ambiente con ventilazione meccanica, sigillato rispetto ad aree pubbliche e non accessibile al pubblico, inteso a contenere componenti del sistema di refrigerazione. Se il compressore o i recipienti in pressione sono collocati in locali non occupati, sigillati rispetto ad altri ambienti occupati, allora si considera il locale come sala macchine”. Luca Tarantolo comincia dalla definizione, per determinare con chiarezza quali sono le caratteristiche specifiche di questo ambiente. “La norma stabilisce una serie di condizioni che generano una situazione di sicurezza per l’ambiente, l’impianto e gli addetti e che quindi sono alla base della sua progettazione. Esse riguardano dimensioni, aree di rispetto, strumentazioni, condizioni d’esercizio e quindi possiamo dire che pensare la centrale termica in un ambiente è un’azione strettamente collegata alle regole che la 378 prevede in particolare nella sua parte 3”.
Quali sono queste regole?
“In primo luogo questo ambiente deve essere dotato di un impianto di ventilazione: questo impianto deve sviluppare il ricambio aria necessario, fissato in quattro volumi/ora per le situazioni di normale operatività e in quindici volumi ora per le situazioni di emergenza (o comunque calcolato sulla base della quantità di gas presente nell’impianto e quindi deve essere dimensionato di conseguenza”.
Ma non solo, ci sono anche prescrizioni dimensionali e “logistiche”
“Il locale deve essere congruo, il che significa avere un’altezza e spazi di manovra idonei per le attività manutentive e le sue aperture devono essere distanti più di due metri da finestre, uscite di emergenza, aspirazioni aria per altri ambienti dell’edificio. Altre apparecchiature come caldaie possono sì convivere con la centrale termica se il refrigerante non è infiammabile, ma l’aria comburente deve essere prelevata dall’esterno e non dalla sala macchine, per scongiurare la commistione con eventuali perdite di gas e potenziali rischi di incendio”.
Parlando di incendio viene spontaneo pensare ai materiali
“E anche questi sono disciplinati: porte, pareti, muri di separazione da locali occupati devono essere realizzati con materiali che rispettano la classe di resistenza al fuoco REI 60 e lo stesso vale per i condotti che veicolano l’aria dalla sala macchine agli ambienti serviti e questa attenzione si estende naturalmente anche a tutti i materiali elettrici. Da notare che l’impianto elettrico che serve la centrale deve essere per norma attivabile e disattivabile sia dall’esterno sia dall’interno di essa, per tutelare massimamente il lavoro di chi vi opera”.
Sempre in materia di sicurezza abbiamo anche degli obblighi che mirano alla prevenzione
“Come quelli riguardanti i sistemi di rilevamento perdite, che devono essere collocati in posizioni congrue, tipicamente in basso visto che la maggior parte dei gas refrigeranti sono più pesanti dell’aria e i sistemi di allarme posizionati all’esterno”.
Ma tutto questo parte da una “classificazione” dell’ambiente
“Infatti, e anche in questo campo è sempre la UNI EN 378 parte 1 a determinare la sua definizione, come ambiente non occupato o – in determinati casi in cui vi è un più frequente intervento per motivi tecnici – ad accesso autorizzato. Tale classificazione determina a sua volta una serie di precise regole di comportamento che devono essere rispettate”.
E come ci si deve comportare oggi, nell’epoca dell’utilizzo dei gas infiammabili?
“La materia è trattata anch’essa e sono previste attenzioni che prevedono un’analisi dei rischi specifici determinati dalla presenza di potenziali fonti di innesco e che quindi forniscono istruzioni o quantomeno indicazioni di metodo che permettono una corretta valutazione del rischio in rapporto alla tipologia di refrigerante utilizzato. In sostanza si richiama la necessità di effettuare un assesment secondo un’altra norma, la EN 60079-10-1, che contiene indicazioni specifiche in merito all’attribuzione della qualifica di zone pericolose. Questo comporta un divieto formale e sostanziale di convivenza fra impianti con refrigeranti infiammabili e impianti a combustione nello stesso ambiente”.
E in questo caso anche il sistema di ventilazione è conforme a criteri di prevenzione
“Assolutamente sì, tant’è che nel caso si prevede che il motore che aziona il sistema di ventilazione sia con il motore elettrico fuori dal flusso elaborato oppure adatto per ambienti pericolosi secondo la EN378-2 e non deve provocare scintille. E la quantità di gas che l’impianto di ventilazione deve gestire è sì quella dell’impianto, ma si deve tenere conto della possibilità che bombole di gas vengano portate dentro nello stesso ambiente per le operazioni di manutenzione, determinando così un incremento del combustibile potenziale e quindi rendendo obbligatorio un sistema di ventilazione che tenga rigorosamente conto di questa variabile”.
Abbiamo detto che sistemi a combustione non possono convivere con impianti a gas infiammabile, ma come ci dobbiamo comportare con i quadri elettrici?
“Essi devono essere confinati rispetto all’impianto, per i motivi che tutti possono immaginare e dotati specificamente di tutte quelle soluzioni di prevenzione di comportamenti che generino una fonte di innesco rispetto ad eventuali perdite di gas, per esempio essere isolati in caso si rilevi oltre il 25% del limite inferiore di infiammabilità del gas”.
Un sistema di prescrizioni molto ampio
“Talmente ampio che copre anche le accortezze necessarie nel caso di utilizzo di gas tossici come l’ammoniaca, stabilendo per gli impianti che la prevedono che se la carica è maggiore di 3000kg, deve esserci una stazione centrale di allarme e deve essere assicurata la presenza di personale specializzato entro 60 minuti dall’allarme, e che siano rispettate tutte le regole di prevenzione concernenti la tossicità come la presenza di sistemi di docce e lavaggi di emergenza per il personale a contatto con l’impianto”.
Ma se l’ambiente non è a norma come può il tecnico intervenire?
“Uno spazio non a norma, privo per esempio dell’impianto di ventilazione, può essere assistito, ma solo a condizione che il datore di lavoro valuti attentamente il rischio e si creino le condizioni di sicurezza prima di intervenire: questo significa, ad esempio, attrezzare un sistema provvisorio di ventilazione adeguato e dotarsi di sistemi di rilevamento, in particolare nel caso di impianti che funzionano con gas infiammabili.
Progettare una sala macchine e costruirla è quindi un’attività soggetta a forti vincoli
“A vincoli metodologici che vanno letti nel senso in cui si muove il Testo Unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro: tutto ciò che possiamo trovare nella norma è diretto alla mitigazione del rischio, un principio fondamentale se vogliamo, che la norma tecnica rende più chiaro evidenziando i punti di attenzione che devono essere assolutamente sorvegliati per garantire una funzionalità sicura dell’impianto”.
E quindi qual è il consiglio?
“Quello di considerarla come framework metodologico già nella stesura dei capitolati, di non darla per sottintesa, ma di esplicitare le scelte collegandole all’analisi dei rischi svolta ai sensi della norma e di non considerare la sola esperienza sul campo bastante ad affrontare la questione sicurezza. Ma non si tratta di materie specifiche e caratteristiche del solo impianto frigorifero, bensì di qualsiasi ambiente di centrale termica che, ad esempio, debba seguire la regola tecnica di prevenzione incendi degli impianti termici alimentati da combustibili gassosi con attenzione a temi come spazi, distanze, resistenza al fuoco, impianti elettrici, quindi sarebbe auspicabile che anche solo per similitudine chi opera in una centrale dove opera un circuito frigorifero si attenga a regole analoghe, questa volta previste dalla EN 378”.
La centrale termica funzionale e sicura
La prima considerazione di Massimo Giammatteo è che la sala macchine è un luogo di lavoro e quindi deve avere i requisiti che permettono di lavorare con la massima sicurezza ed efficacia.
“Fin dall’accesso al suo dimensionamento lo spazio di una centrale è soggetto ad una regola ben precisa: deve permettere le attività che vi si svolgeranno in sicurezza ed in conformità alla tipologia di intervento. Non è raro invece trovare situazioni in cui fin dall’ingresso in centrale gli spazi previsti per operare non sono idonei al punto da rendere complicato o quasi impossibile eseguire una corretta manutenzione sia ordinaria che straordinaria, smontare elementi dell’impianti che richiedono sostituzione, manutenzione o riparazione in altro luogo. Sembra una banalità, ma questo comporta oneri aggiuntivi e costi addizionali per operazioni che invece dovrebbero essere nella mente di chi ha progettato e creato questo ambiente e che oltre agli aspetti logistici deve considerare la sicurezza di chi opera all’interno di questi ambienti”.
Quindi una centrale termica va pensata non come una apparecchiatura installata in un luogo, ma come un luogo in cui questa viene installata e deve funzionare per l’utilizzo previsto, che richiede una manutenzione eseguita da personale specializzato, per cui anche un luogo di lavoro.
“Certamente! La prima cosa che un progettista (non della apparecchiatura, ma dell’impianto) deve pensare è la logistica che ruota intorno a questa apparecchiatura: gli spazi utili per svolgere operazioni di manutenzione ordinaria o straordinaria, l’accessibilità degli elementi soggetti ad attività di controllo e manutenzione, la facilità di effettuazione delle principali e più ricorrenti operazioni effettuabili su un impianto”.
Sembrerebbe una cosa scontata…
“Ma non lo è al punto che capita di incorrere in situazioni problematiche davvero delicate: la sostituzione di un compressore del peso di 13 quintali non può essere fatta se non avvalendosi del supporto di un muletto, ma se questo non passa dalla porta di ingresso della sala macchine (come personalmente mi è capitato) la movimentazione degli elementi per una riparazione diventa davvero molto complicata ed alcune volte impossibile!”.
C’è poca sensibilità in questo senso?
“Prevale una logica di adattamento agli spazi esistenti / disponibili, che però spesso è in aperta contraddizione con la manutenibilità e la sicurezza: se ci fosse una più consapevole attenzione al fatto che in sala macchine – come dicevo all’inizio – si lavora e quindi si ha bisogno di spazi utili e sicuri a svolgere le attività correttamente ed efficacemente questo allevierebbe da costi aggiuntivi per tempi di intervento allungati dalla necessità di creare le condizioni di accesso o da ostacoli fisici all’esecuzione dei lavori di gestione”.
E questo riguarda solo gli spazi fisici?
“Riguarda tutto, a partire dall’illuminazione: spesso una centrale è illuminata senza tenere conto che esistono precisi punti che dovrebbero ricevere luce per agevolare l’attività, ma che in pratica non sono sufficientemente illuminati. Tutte le strumentazioni di servizio, prese, di tensione, scarichi, attacchi impiantistici, devono essere ragionati in funzione dell’utilizzo che ne viene fatto e quindi pensati anche in modo da essere di facile accesso e senza ostacoli all’utilizzo. Ancora una volta lo scopo è chiaro, rendere il “luogo di lavoro” sala macchine un ambiente dove si può essere efficienti ed efficaci”.
E qui si apre anche il capitolo sicurezza
“Un capitolo che riguarda in particolare l’elettricità: avere la possibilità di bloccare l’alimentazione elettrica in modalità certa e indipendente, in modo da intervenire senza il rischio che qualcuno inavvertitamente riattivi il circuito per ridare alimentazione ad altri impianti o macchine è un fattore fondamentale. Ma ancora una volta questo non è l’unico paragrafo del capitolo, perché siamo nell’epoca dei gas infiammabili e quindi tombini e bocche di lupo sono banditi, impianti elettrici devono essere progettati e realizzati a norma rispetto ai locali e alla tipologia delle apparecchiature che sono presenti soprattutto se con refrigeranti infiammabili, sistemi di ventilazione naturale o forzata dell’ambiente devono essere accuratamente pensati in modo da rendere preventivamente sicuro il lavoro nello spazio”.
E poi dopo averla “pensata” una sala macchine viene “usata”: come?
“Come un luogo di lavoro appunto, un luogo dove si svolgono attività anche delicate: il fatto che sia un ambiente pulito, ordinato, ben organizzato ha una molteplicità di effetti che abbiamo già citato ma che vale la pena di ribadire. Sicurezza, efficienza ed efficacia, velocità di esecuzione delle operazioni, maneggiabilità di attrezzature e strumenti senza vincoli superflui sono altrettanti fattori che rendono il lavoro in centrale un lavoro corretto nei tempi e nei modi, con una analisi di fattori di rischio adeguata e una altrettanto adeguata riduzione dei rischi rilevati in sede di analisi”.
E che cosa comporta questo?
“Comporta attività semplici in alcuni casi elementari, come l’asportazione e il corretto trattamento dei componenti sostituiti (filtri disidratatori, per esempio) che non devono essere lasciati in qualche angolo, ma devono essere prelevati e conferiti. Questo vale tanto più per elementi come l’olio, che per giunta viene smaltito a costo zero ed è obbligatorio smaltire correttamente, per ragioni anche di sicurezza, perché si tratta comunque di materiale infiammabile. E altrettanto vale per le bombole di refrigerante, che sia nuovo o recuperato o da inviare a smaltimento.
“Ma il fatto di ripulire la centrale e l’apparecchiatura dopo una riparazione di una perdita è fondamentale anche per una ragione di tipo pratico: ritornando in una centrale che si è lasciata pulita, sarà possibile già a colpo d’occhio capire se la riparazione è stata efficace, perché l’eventuale traccia d’olio che si ripresentasse sarà indice di una perdita ancora presente e quindi della necessità di un altro intervento”.
E comunque la regola del lavoro in centrale parte sempre dall’analisi dei rischi
“Diciamo che è la premessa metodologica imprescindibile: chi opera in una centrale deve comunque sempre assicurarsi che l’accesso sia facile, che esistano le vie di fuga, che i dispositivi di protezione collettiva siano presenti e funzionanti, che non vi siano ingombri o ostacoli che impediscono sia l’operatività sia l’allontanamento dal luogo di lavoro, che i punti critici dell’impianto non siano soggetti ad interferenze fisiche come l’eccesso di calore o l’esposizione a urti e rischi meccanici”.
Una specie di analisi visiva preliminare prima di cominciare a lavorare
“In fin dei conti chi lavora in una sala macchine è un po’ come un chirurgo, deve avere l’attrezzatura a portata di mano, il “paziente” disposto in modo da poter intervenire e nessun ostacolo o il minor numero possibile che riduca la sua capacità di intervento, insomma libertà d’azione”.
Nel rispetto delle regole di sicurezza
“Nel rispetto rigoroso delle regole di sicurezza! Tutto ciò che è previsto come dispositivo di prevenzione individuale ai sensi della normativa e in particolare del DL 81/2008, il Testo Unico per la sicurezza sui luoghi di lavoro, va rispettato in modo da proteggere dai rischi e da generare la massima serenità anche sotto il profilo legale, perché ispettori e assicurazioni sono estremamente severi nel sottolineare come in mancanza di rispetto di queste regole la tutela dell’incolumità è a rischio e la violazione pregiudica anche la tutela assicurativa e tutto ciò che ne consegue in sede legale”.
Ma come ci si comporta in caso di contesti difformi rispetto alla legge?
“L’azione fondamentale e spesso ritenuta difficile/ complicata dai tecnici è quella di mettere per iscritto tutte le anomalie riscontrate nell’ambiente citandole nel rapporto d’intervento: questa è l’unica maniera per dare evidenza del problema e segnalare che lo si è rilevato. Può sembrare un gesto burocratico, ma mette al riparo il tecnico dall’essere connivente con comportamenti contrari al testo di legge. Accettare tacitamente la violazione non solo provoca la complicità implicita con chi dovrebbe essere responsabile della sicurezza, titolare o delegato che sia, ma espone a rischi maggiori che non possono e non devono essere tollerati”.
Una centrale termica adeguata, sicura e in ordine è un valore, quindi
“Da più punti di vista: è fonte di minori rischi e permette di lavorare in modo efficiente ed efficace, quindi è uno strumento di lavoro importante alla stessa stregua di quelli contenuti nella cassetta degli attrezzi”.
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