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Manutenzione degli impianti aeraulici: intervista a Gregorio Mangano

Per rendere possibile la manutenzione degli impianti aeraulici è necessario partire dalla progettazione. Senza una progettazione o una costruzione attente all’aspetto della manutenzione igienica si rischia di perdere una grande opportunità di miglioramento dei benefici attesi. occorre una maggiore concertazione, in sede di disegno dell’impianto e del suo allestimento, che prenda in considerazione l’accessibilità e la possibilità di intervenire.

Introduzione agli impianti aeraulici

L’impianto di climatizzazione è un organismo “vivente” e pertanto la sua pulizia è una modalità per mantenerlo in salute, una salute che è tangibile nei risultati (aria migliore che ne viene emessa) e nei costi (maggiore efficienza). Questa la conclusione che traiamo da un approfondimento del tema della pulizia dell’impianto con Gregorio Mangano, che opera da molti anni nel settore sia come titolare di Techno One sia come presidente di AIISA, Associazione Italiana Igienisti Sistemi Aeraulici e che ci fornisce un parere esperto sui due lati, quello della realtà quotidiana e quello dello scenario a cui tendere.

Parlare della pulizia dell’impianto aeraulico equivale a parlare di una delle funzioni che maggiormente interviene su una variabile importantissima, la qualità del suo “prodotto” nel tempo. L’impianto aeraulico è quel sistema che installiamo perché abbia un tempo di vita il più possibile prolungato, ma le condizioni che determinano questa durata sono molteplici.

“Il primo punto da considerare è proprio questo – osserva Mangano – il nostro oggetto di lavoro è un sistema che deve essere progettato e costruito per durare nel tempo, ma se consideriamo la pulizia una condizione fondamentale per questa durata ciò significa che questo “oggetto” deve essere pensato e messo in essere in modo tale che la pulizia sia possibile e che sia facile.

“E non è sempre così, anzi, raramente e questo è un paradosso colossale. Pensiamo ad un’automobile. Accetteremmo di trovare ore di lavoro del meccanico dedicate a riuscire ad accedere alla parte da riparare o da manutenere? Assolutamente no, pretendiamo dal costruttore che la sostituzione di un pezzo o la verifica della sua funzionalità siano facili, che comportino manovre semplici, che richiedano operazioni il più possibile rapide. E questo rappresenta un’economia di scala in termini di fermo macchina, di costi e di comfort tecnico del lavoro”.

Questo non vale per l’impianto aeraulico e di condizionamento?

“Purtroppo no, perché la progettazione e la costruzione avvengono anche sulla scorta di indicazioni che non appartengono al mantenimento in funzionalità igienica e meccanica dell’impianto. Pensiamo a un sistema di ventilazione meccanica o di climatizzazione in cui i condotti sono tutti “occultati” dal cartongesso: la pulizia è un esercizio impossibile”.

E questo è un problema risolvibile?

“Sull’esistente non ci sono grandi spazi di manovra, ma su quanto viene ad essere sostituito o riadattato anche in vista di esigenze di efficienza energetica (pensiamo alla sostituzione di impianti di riscaldamento con caldaie a metano con impianti in pompa di calore) vale la pena di pensare che senza una progettazione o una costruzione attente all’aspetto della manutenzione igienica si vada a perdere una grande opportunità di miglioramento dei benefici attesi”.

Da quali passaggi transita questa best practice?

“Innanzitutto da una maggiore concertazione, che prenda in considerazione in sede di disegno dell’impianto e suo allestimento l’accessibilità, la possibilità di intervenire per la manutenzione igienica e tecnica in forme che diano anche esito e beneficio all’utente finale, riducendo il disagio nella manutenzione e anche il fermo impianto”.

E a seguire?

“O forse a precedere uno sforzo del normatore, soprattutto di chi scrive la normazione tecnica, di considerare il lavoro di tutti i soggetti che trattano l’impianto come un lavoro integrato, perché considerarlo una sequenza di azioni non connesse fra loro genera i problemi che abbiamo appena evidenziato. Serve una norma tecnica che partendo appunto dal concetto di impianto come organismo vivente pensi al suo concepimento e alla sua nascita in funzione della sua vita e non in modo “autoreferenziale”. Da ciò avremmo tutti chiare le regole del gioco”.

Non sembra però una cosa così facile, viste le vicende recenti

“È purtroppo evidente che il COVID non ci ha insegnato gran ché e lo dimostra anche la difficoltà ad avere una norma tecnica che presieda in modo aggiornato il tema dei ricambi d’aria e dei conseguenti effetti sulla IAQ: la norma UNI EN 10339 è ferma sui tavoli degli addetti ai lavori di normazione da un tempo immemore, ma la realtà dei fatti ci deve spingere in una direzione più operativa.

“Sicuramente l’aspetto prescrittivo è determinante, per avere delle soglie minime e dei livelli di pulizia garantiti, ma se manca appunto l’approccio integrato e una norma che guardi all’impianto in questa modalità continueremo a discutere di chi è la colpa della difficoltà a pulire questo sistema, che ha impatti determinanti sul comfort e l’abitabilità degli spazi confinati e che quindi è una variabile chiave della qualità della vita in ambiente domestico o lavorativo”.

Quindi come operatori vorreste definita una metodologia che porti ai risultati attesi?

“Una metodologia concertata, che prenda in considerazione sia gli aspetti dell’Indoor Air Quality sia quelli dell’efficienza energetica. Non possiamo dimenticare che la transizione ecologica disegna una traiettoria che porterà a dover abbandonare le caldaie a idrocarburi e vedrà una prevalenza di sistemi – a espansione diretta o idronici che siano – che avrà chiaramente un uso massiccio dell’energia elettrica come tratto distintivo. Bene, la Ventilazione Meccanica Controllata con recupero di calore che oggi ha così numerosi fautori non è una soluzione di per sé, ma è tale se manutenuta efficacemente”.

E questo comporta quella concertazione che fa in modo che l’impianto rimanga “sano”

“Diciamo che ginecologo, ostetrico, pediatra, medico di base e specialisti devono poter andare d’accordo e non trovarsi ostacolati l’uno dal lavoro dell’altro. Può sembrare un concetto forte, ma ha riflessi importanti anche sui costi e quindi se colleghiamo la qualità dell’impianto da un punto di vista igienico alla salute di chi respira e agli oneri in bolletta ne traiamo una considerazione piuttosto lampante”.

Ma l’efficienza di un impianto pulito è un fattore verificabile?

“Sicuramente! Studi internazionali applicati all’argomento sono riusciti a dimostrare che arriviamo a una maggiore efficienza compresa fra il 10 e il 15% con impianti puliti regolarmente, per cui anche questo è un argomento rilevante: se dovessimo sommare i maggiori costi dovuti a giorni lavorativi persi per malattie legate a una cattiva IAQ, costi sanitari, maggiori spese energetiche e tempo di vita dell’impianto ridotto potremmo serenamente dire che un impianto progettato, costruito e manutenuto in condizioni di pulizia è redditizio!”

Argomenti forti anche sotto un profilo commerciale

“Lo sono e lo sarebbero di più se questo approccio integrato fosse parte di una cultura diffusa, anche in sede di progettazione non impiantistica, ma edile. È un percorso accidentato quello che stiamo facendo, ma abbiamo l’ambizione anche a livello associativo di mettere in pista stimoli tanto tecnici, quanto d’opinione a pensare che ogni intervento di pulizia ha benefici economici di rilievo in un’ottica che considera l’impianto aeraulico e la sua manutenzione un investimento con un conto economico complesso, ma (se ben congegnato) capace di generare profitto. D’altro canto questa è l’epoca in cui misuriamo anche le aziende su parametri non più solo economico finanziari, ma in ragione del loro minore impatto sull’ambiente e della qualità della vita nell’ambiente lavorativo”.

In fin dei conti un impianto pulito è una risorsa sia per un ambiente domestico sia per uno spazio dove si lavora

“Senza dubbio è una risorsa, ma come ogni risorsa di cui si considera un lungo tempo di utilizzo deve esserci una cultura della manutenzione che è fortemente connessa con le regole di progettazione e costruzione. Se vogliamo tornare al discorso del corpo umano, la salute dell’impianto è correlata alla sua capacità di essere manutenibile e pulito dal primo all’ultimo giorno di vita, per cui se vogliamo vivere bene dobbiamo far sì che anche l’impianto “viva” bene”.