Produrre biocarburante a basso impatto ambientale, impiegando tonnellate di rifiuti organici e convertendoli in energia per veicoli, mezzi aziendali e trasporti pubblici. Questa è la sfida che la Città metropolitana di Milano si appresta a raccogliere nell’ambito della sua strategia di transizione energetica.
Il biometano è tra le fonti rinnovabili indicate dall’Unione Europea per rispettare il traguardo previsto dall’Accordo di Parigi di mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2 °C e azzerare le emissioni climalteranti entro il 2050. Il Protocollo d’Intesa sottoscritto da Città metropolitana di Milano, ente autorizzativo degli impianti e propositivo di cicli bioeconomici integrati, e Gruppo CAP, gestore del servizio idrico integrato dei 135 comuni dell’hinterland milanese, ha proprio l’obiettivo di costruire un modello economico in grado di produrre biometano dalla sezione umida della FORSU (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano), estendendola agli impianti di depurazione già presenti sul territorio, con il vantaggio di massimizzarne l’efficienza e limitare il consumo di suolo.
Il biometano prodotto dallo smaltimento dei rifiuti organici andrebbe poi ad alimentare 39mila automobili, pari a due volte e mezzo quelle circolanti, riciclando la quasi totalità delle 200mila tonnellate di rifiuti prodotti sul suo territorio.
Questa è la prospettiva illustrata dallo studio intitolato “Biometano. Potenzialità nella Città metropolitana di Milano e ruolo di Gruppo CAP”, realizzato da Kyoto Club e presentato in data 3 dicembre a Palazzo Isimbardi in occasione del Convegno “Economia circolare: da prospettiva a strategia industriale”, alla presenza di ATO (Ufficio d’Ambito Territoriale) e Città Metropolitana di Milano.
La ricerca di Kyoto Club mette in evidenza una sinergia strategica che ha nell’impiego delle strutture già esistenti sul territorio il suo punto più innovativo e che ha ricevuto consensi positivi presso il Ministero dell’Ambiente. In linea con la Direttiva Comunitaria 2009/28/CE sulla promozione dell’uso delle fonti rinnovabili, che indica all’Italia le linee guida per avviare un percorso di transizione energetica, lo studio fotografa l’ampia disponibilità di fonti organiche (frazione organica dei rifiuti urbani, scarti organici dal settore zootecnico, agricolo e agro-industriale) nella Regione Lombardia e nella Città metropolitana di Milano.
La produzione di una risorsa come il biometano porta vantaggi sia economici che ambientali. Come si sa, l’Italia è fortemente dipendente dall’estero per l’approvvigionamento di metano. Secondo i dati del Ministero dello Sviluppo Economico relativi al 2018, a fronte di 5.448 milioni di Sm3 (metri cubi standard) di metano prodotti, l’Italia ne ha importati 67.872 milioni, il 92,6% del totale. La produzione di biometano da matrici organiche sarebbe invece interamente nazionale e il biometano prodotto verrebbe impiegato presso il luogo di produzione, attivando una filiera davvero a Km 0.
Secondo il più recente Rapporto di ISPRA, la Città metropolitana di Milano produce circa 215 mila tonnellate/anno di umido e dispone di una capacità impiantistica per il trattamento anaerobico attualmente autorizzata pari a 90.000 tonnellate. Grazie agli impianti di Gruppo CAP si potrebbero trattare tramite processi di digestione anaerobica ulteriori 107 mila tonnellate/anno di umido, senza bisogno di realizzare nuove strutture o nuovi impianti di produzione.
Gruppo CAP è la prima monoutility italiana nel settore della gestione del Servizio Idrico Integrato (SII) e dispone di 40 impianti di depurazione per il trattamento delle acque reflue che, su autorizzazione dell’autorità competente, potranno essere impiegati per “digerire” la FORSU, gli scarti agricoli o gli scarti dell’industria agro-alimentare dell’hinterland milanese.
La Città metropolitana di Milano ha colto questa grande opportunità e ha responsabilmente scelto di rilasciare le autorizzazioni per la produzione di biometano e di estendere la capacità digestiva anaerobica, fino a oggi sottoutilizzata per la produzione di biogas, anche al trattamento di rifiuti provenienti dal ciclo agro-industriale e zootecnico, e dalla frazione umida urbana, già oggi differenziati in percentuale elevata.
Sfruttando la grandissima potenzialità di altre matrici organiche provenienti dallo zootecnico e dall’agroalimentare, i 7 digestori di Gruppo CAP saranno potenzialmente in grado di produrre 9.442.437 Sm3/anno di biometano, coprendo quasi il 20% della richiesta futura tramite il solo utilizzo di digestori attualmente esistenti (ma non ancora utilizzati), senza che sia necessaria la realizzazione di nuovi impianti.
Si tratta di una prospettiva che apre una porta verso il futuro: si prevede infatti che nei prossimi anni nella Città metropolitana di Milano la frazione umida possa crescere fino a raggiungere 638 mila tonnellate/anno (contro le 215 mila attuali), e questo offrirebbe la possibilità di sviluppare la capacità impiantistica del territorio.
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