Attualità

Job Act. Novità dal Ministero per i contratti a tempo determinato

Una sintesi delle indicazioni operative fornite dal Ministero del Lavoro sulle novità introdotte dal decreto legge n. 34/2014 (convertito in legge n. 78/2014) in materia di contratto a tempo determinato

A seguito del decreto legge n. 34/2014, convertito in legge n. 78/2014, sono state introdotto una serie di novità in materia di contratto a tempo determinato.

Contratto a termine acausale
Con riferimento all’eliminazione dell’obbligo di indicare la causale giustificativa dell’apposizione del termine, il Ministero ricorda che la sussistenza di specifiche ragioni giustificatrici continua a produrre alcuni effetti, ad esempio, in caso di assunzioni per ragioni di carattere sostitutivo o di stagionalità: in tali ipotesi, infatti, l’assunzione è esente dalle limitazioni quantitative nonché dal versamento del contributo addizionale dell’1,4% previsto dalla legge n. 92/2012.
Per tali tipologie di contratti il Ministero ritiene, pertanto, opportuno (ma non obbligatorio), ai fini di sola “trasparenza”, continuare ad indicare la causale.

Limiti quantitativi: clausola legale
Il decreto legge n. 34/2014 ha previsto che il numero complessivo di rapporti di lavoro costituiti da ciascun datore di lavoro non può eccedere il limite del 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione.
Il datore di lavoro in assenza di una diversa disciplina contrattuale applicata, dovrà verificare quanti rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sono in corso alla data del 1° gennaio dell’anno di stipula del contratto a termine o, per le attività iniziate durante l’anno, alla data di assunzione del primo lavoratore a tempo determinato.
A tale riguardo, il Ministero precisa che non rientrano nella base di computo:
• i rapporti di natura autonoma;
• il lavoro accessorio;
• i lavoratori parasubordinati;
• gli associati in partecipazione;
• i lavoratori a chiamata a tempo indeterminato privi di indennità di disponibilità;
• gli apprendisti assunti a tempo determinato ai sensi dell’art. 4, comma 5, del D.Lgs. n. 167/2011 (datori di lavoro che svolgono la propria attività in cicli stagionali) e dell’art. 3, comma 2quater, del medesimo decreto (apprendistato per lo svolgimento di attività stagionali nelle Regioni e Province Autonome che abbiano definito un sistema di alternanza scuola – lavoro).

Ai fini della verifica della percentuale del 20% devono essere invece conteggiati:
• i lavoratori part-time in proporzione all’orario svolto;
• i dirigenti a tempo indeterminato;
• gli apprendisti.

Con riferimento alle modalità di calcolo del 20%, il Ministero chiarisce che nel caso in cui la percentuale dia luogo ad un numero decimale uguale o superiore a 0,5 il datore di lavoro potrà effettuare un arrotondamento all’unità superiore: pertanto, a titolo esemplificativo, una percentuale pari a 2,50 consente di stipulare 3 contratti a termine.
Sempre in merito al criterio di computo della soglia del 20%, il Ministero ritiene che esso non costituisca un limite fisso annuale ma, al contrario, una proporzione tra lavoratori stabili e a termine: ne deriva che allo scadere di un contratto a tempo determinato sarà sempre possibile stipularne un altro purché venga rispettata la soglia legale. Nell’applicare i limiti percentuali già stabiliti dai vigenti CCNL le imprese avviate durante l’anno dovranno far riferimento ai lavoratori ai tempo indeterminato in forza al momento della prima assunzione a termine.
Ulteriori contratti a tempo determinato potranno essere stipulati solo in forza di specifiche disposizioni di legge, tra cui l’art. 10, comma 7, del D.Lgs. n. 368/2001 che individua le casistiche di contratti a tempo determinato in ogni caso esenti da limitazioni quantitative.
In particolare, con riferimento alle ragioni di stagionalità, che possono determinare l’esclusione dal computo, una circolare del Ministero evidenzia che, ferme restando le ipotesi elencate dal D.P.R. n. 1525/1963.
Non concorrono, infine, al superamento dei limiti quantitativi le assunzioni di disabili con contratto a tempo determinato ai sensi dell’art. 11 della legge n. 68/1999 e le acquisizioni di lavoratori a termine in seguito a trasferimenti d’azienda o di rami d’azienda: in tale ultimo caso i relativi rapporti potranno essere prorogati nel rispetto dell’attuale disciplina mentre un eventuale rinnovo degli stessi dovrà essere tenuto in conto ai fini della valutazione sul superamento dei limiti quantitativi.

Limiti quantitativi: clausola contrattuale
L’articolo 1 del D.L. n. 34/2014 fa salvo l’art. 10, comma 7, del D.Lgs. n. 368/2001, che affida ai contratti collettivi nazionali di lavoro la disciplina dei limiti quantitativi di utilizzo.
In merito a tali clausole contrattuali il rinvio alla contrattazione collettiva è privo di particolari vincoli e, pertanto, le parti sociali possono:
• derogare al limite percentuale del 20%, aumentandolo o diminuendolo;
• introdurre un criterio di calcolo della base di computo diverso da quello legale (organico presente in azienda il 1° gennaio) facendo riferimento, ad esempio, all’occupazione media in un certo arco temporale.
Con riferimento, invece, ai limiti percentuali già stabiliti dai vigenti CCNL, il Ministero chiarisce che non è necessaria l’introduzione di nuove clausole limitatrici, dal momento che continuano a trovare applicazione quelle già esistenti all’entrata in vigore del decreto, ferma restando la possibilità, per la contrattazione collettiva, di indicarne di ulteriori.

Limiti quantitativi: datori di lavoro fino a 5 dipendenti
Per i datori di lavoro che occupano da 0 a 5 dipendenti è sempre possibile l’assunzione di un lavoratore a termine. In tal caso l’intervento della contrattazione collettiva, anziché sostituire in toto la disciplina legale, potrà esclusivamente prevedere margini più ampi di assunzioni a tempo determinato.

Disciplina sanzionatoria
Come stabilito dal decreto, in caso di violazione del limite percentuale, è comminata al datore di lavoro una sanzione amministrativa pecuniaria pari al 20% o al 50% della retribuzione per ciascun mese, o frazione di mese superiore a 15 giorni, di durata del rapporto di lavoro, a seconda che il numero di lavoratori eccedenti il limite sia, rispettivamente, uguale o superiore a 1.
Nell’illustrare il nuovo regime sanzionatorio il Ministero precisa che:
• la sanzione trova applicazione sia in caso di superamento del limite legale del 20% che del limite contrattuale;
• la retribuzione da prendere in considerazione ai fini del calcolo è, in assenza di specificazioni, la retribuzione lorda mensile riportata nel singolo contratto di lavoro. Qualora tale retribuzione non sia espressamente riportata, occorrerà prendere a riferimento la retribuzione tabellare prevista dal contratto collettivo applicato o applicabile;
• per periodi di occupazione inferiori a 16 giorni la sanzione non potrà trovare applicazione;
• ai fini del calcolo del periodo di occupazione, non è necessario tener conto di eventuali sospensioni del rapporto, ad esempio, per malattia, maternità, infortunio o part-time verticale: ciò che conta sarà la data di instaurazione del rapporto e la data in cui è stato accertato il superamento (coincidente con la data dell’accertamento, o con la scadenza del termine del contratto nel caso di accertamenti avvenuti in relazione a rapporti di lavoro già conclusi);
• la sanzione amministrativa, pur non essendo diffidabile, può essere oggetto delle riduzioni previste dall’art. 16 della legge n. 689/1981: l’importo sanzionatorio sarà quindi notificato nel misura di 1/3 ed il suo pagamento entro 60 giorni dalla notifica estinguerà la violazione;
• sono ancora efficaci le clausole contrattuali che impongono limiti complessivi alla stipula di contratti a termine e alla utilizzazione di lavoratori somministrati: in tal caso, ai fini della individuazione del regime sanzionatorio applicabile, il personale ispettivo dovrà verificare se il superamento dei limiti sia avvenuto in ragione del ricorso a contratti a tempo determinato o alla somministrazione di lavoro.
Con riferimento ai datori di lavoro che, all’entrata in vigore del decreto legge, abbiano in corso rapporti di lavoro a termine che comportino il superamento del limite del 20%, il Ministero osserva che:
• l’art. 2bis, comma 3, del decreto fa salva la possibilità per la contrattazione collettiva di individuare una percentuale e/o un diverso termine, successivo al 31 dicembre 2014, per rientrare nel limite del 20%;
• a partire dal 2015, e fatte salve le diverse diposizioni della contrattazione collettiva, non potranno effettuare nuove assunzioni a termine tutti i datori di lavoro che al 21 marzo 2014 (data di entrata in vigore del decreto legge) avevano superato i limiti quantitativi senza rientrarvi entro il 31 dicembre 2014;
• dall’entrata in vigore del nuovo regime sanzionatorio (20 maggio 2014) anche tali datori di lavoro potranno essere sanzionati qualora, anziché rientrare nei limiti, effettuino ulteriori assunzioni a tempo determinate rispetto a quelle ammesse;
• la sanzione non sarà applicabile qualora tali datori di lavoro si limitino a prorogare i contratti già in essere, dal momento che il divieto di assunzione opera a partire dal 2015.

Disciplina della proroga
Con riferimento alla nuova disciplina della proroga:
• nel concetto di “stessa attività lavorativa” sono incluse le stesse mansioni, le mansioni equivalenti o comunque quelle svolte in applicazione dell’art. 2103 c.c.;
• nell’ambito di più contratti a tempo determinato le proroghe totali non potranno essere più di 5: ciò comporta che il tetto delle proroghe si applica a tutti i contratti stipulati nell’arco dei 36 mesi e non ad ogni singolo contratto. Viceversa, qualora il nuovo contratto a termine non preveda lo svolgimento di mansioni equivalenti, le eventuali precedenti proroghe non dovranno essere contabilizzate.
L’istituto della proroga trova applicazione ai rapporti di lavoro costituti successivamente al 21 marzo 2014 (data di entrata in vigore del decreto), fatti salvi gli effetti già prodotti dalle disposizioni del decreto stesso. Di conseguenza, precisa il Ministero, i rapporti costituti in precedenza “erano e sono” soggetti al regime previgente (una sola proroga con indicazione delle ragioni oggettive).
Il Ministero chiarisce ora che restano legittime le eventuali proroghe di contratti sottoscritti prima del 21 marzo 2014, fermo restando che a partire dal 20 maggio non è più possibile, per gli stessi contratti, provvedere a nuove proroghe.