La legge Finanziaria 2024 è passata quasi come una falce sul sistema delle incentivazioni fiscali che riguardano i settori ITS e HVAC, eliminando singoli bonus, vietando inclusioni di attività prima previste fra quelle incentivabili, mettendo fine ad alcuni dispositivi che avevano facilitato il rilancio delle attività dopo la frenata imposta dal covid
Stiamo assistendo a un forte ridimensionamento del sistema di incentivi che aveva caratterizzato gli ultimi tre anni e che aveva creato sia fiducia, sia problemi e che peraltro conteneva aspetti interessanti, ma aveva lasciato spazi notevoli di manovra per illegalità fiscali e non solo. Per il 2024 il governo Meloni ha confermato alcuni bonus già attivi nel 2023, con alcune modifiche, ne ha cancellati altri e ne ha introdotti di nuovi (non riguardanti però il nostro settore) e ci tocca il compito di verificare quali sono “sopravvissuti” e in quali forme.
Superbonus 110%
Cominciamo a capire cosa cambia con la Finanziaria 2024 partendo dal primo imputato di questo processo che pare senza appello, il Superbonus 110% per la riqualificazione energetica. Da gennaio 2o24 la detrazione sulle spese per i lavori del Superbonus scende dal 110% al 70%, per poi calare al 65% nel 2025 e poi terminare. Per chi ha avviato i lavori nel 2022 resta la possibilità di cedere il credito o avere lo sconto in fattura, ma per coprire i costi dell’intervento i condomini dovranno versare una differenza di almeno il 30%, o concordare con l’impresa una riduzione dei lavori. Si tratta di un provvedimento delicatissimo che mette a rischio cantieri avviati, commesse e ordini già attivi, impegni di spesa che difficilmente potranno essere mantenuti e portati a pagamento, creando una situazione di potenziale disagio molto allargato e pregiudizievole, forse più per il mondo edile che per quello termoidrosanitario. Rimane comunque che la natura trainante dell’installazione di pompe di calore all’interno degli interventi previsti nel Superbonus potrebbe avere da un lato messo al riparo da rischi perché appunto in qualità di trainante l’impegno di spesa dovrebbe essere stato previsto fra i primi e prioritari e non fra quelli a completamento e perché in assenza di un elemento chiave del progetto di riqualificazione energetica come è la pompa di calore c’è un serio pregiudizio sul reale risparmio e quindi sulla possibilità che il progetto sia asseverato e quindi correttamente finanziabile.
Ecobonus 50%
Secondo la Finanziaria 2024, anche l’Ecobonus continuerà a essere disponibile, offrendo una detrazione del 50% per spese fino a 60mila euro per la sostituzione di serramenti e infissi, oltre a schermature solari o caldaie a biomassa. Per i condomini, è previsto uno sgravio del 70% per l’isolamento termico delle parti comuni opache con incidenza superiore al 25%, con un limite massimo di spesa di 40 mila euro. Il segnale del mantenimento di questo dispositivo è sicuramente positivo, ma evidenzia la fine della “pacchia” di cui abbiamo parlato in apertura, una pacchia che non riguardava certo artigiani e imprese, ma soprattutto quella platea di committenti che aveva l’ambizione di ristrutturare casa a spese dello Stato e guadagnarci anche qualcosa in particolare attraverso il meccanismo dello sconto in fattura. La riflessione che viene da fare è abbastanza semplice e viene la tentazione di essere d’accordo con il legislatore che ha messo fine al meccanismo: il mercato ha sicuramente bisogno di incentivi, ma la dinamica con cui erano stati proposti è stata assolutamente non corretta, al punto di far pensare che la metafora più appropriata è quella dell’abbuffata di chi è a digiuno da parecchio, ma non calcola né la propria capacità digestiva né la disponibilità della dispensa.
Sconto in fattura e cessione del credito
Superbonus 110% e Sconto in fattura sono state le parole chiave e siccome non c’è due senza tre abbiamo aggiunto Cessione del credito. Il primo elemento distorcente è stato quello di voler promettere di coprire tutti i costi con addirittura un premio per chi “aderiva all’impresa”, ma di questo si è già parlato e non è il caso di tornarci. Il secondo elemento della pozione avvelenata è stata la possibilità di non dover pagare proprio niente: con lo sconto in fattura il committente diventava assolutamente libero di scegliere senza alcun impegno ed era soggetto a controlli sì dell’asseveratore, ma ricordiamoci che con un patrimonio immobiliare così vetusto come quello italiano era facile ottenere due classi energetiche di avanzamento da un progetto minimamente sensato. Infine la vera e propria contraddizione è stata quella della Cessione del credito, che ha illuso molti piccoli artigiani di poter lavorare facendo circolare una moneta, il credito d’imposta, che è stata subito oggetto di svalutazione da parte degli acquirenti e che poi ha avuto un progressivo blocco della circolazione prima per una rapida riduzione della platea dei soggetti finanziariamente interessati, poi per il divieto imposto dal legislatore. Chi si è illuso che una committenza indisciplinata e un metodo di monetizzazione che si è rivelato subito e sempre meno remunerativo potesse funzionare a lungo oggi si ritrova con il cerino in mano: un errore sicuramente indotto anche dal dispositivo di legge, ma ancora una volta prevale la sensazione che a ben guardare l’idea che la “pacchia” potesse durare era priva di fondamento. Ci si è prima abbuffati di crediti di imposta e poi ci si è trovati a non vederli più cedibili, per cui in mancanza di capienza fiscale sono stati persi con danni al bilancio e alla cassa non indifferenti.
Barriere architettoniche
La questione delle barriere architettoniche a dimostra definitivamente che il meccanismo del sistema forte incentivo fiscale + sconto in fattura avesse caratteristiche mal predisposte e che l’abuso fosse decisamente un boomerang. L’inclusione di una materia (i serramenti) ascrivibile al tema barriere architettoniche in maniera “addizionale” ma non strettamente pertinente e un ricorso probabilmente eccessivo al ragionamento dell’eliminazione delle barriere nella ristrutturazione dei bagni ha portato all’eliminazione radicale di queste due voci dal panel delle spese coperte da incentivo. La “colpa” è di un sistema che usa il meccanismo degli incentivi in una logica di breve periodo e non in un’ottica strutturale, prova ne sia la contraddizione in termini fra l’eliminazione di un Superbonus nazionale inappropriato ma rimodulabile e la pressione della legislazione europea con RePower EU all’installazione di pompe di calore.
Riqualificazione energetica e Repower EU
Abbiamo più volte sottolineato la mancanza di un’ottica di lungo periodo nel ragionamento su incentivi e riqualificazione energetica, arrivando a mettere in evidenza addirittura come – nell’epoca delle consegne a distanza di mesi dagli ordini – qualche distributore dovesse affidarsi alla fiducia nella provvidenza esponendosi a carichi di magazzino di apparecchiature senza avere alcuna certezza che sarebbero arrivati gli incentivi necessari a svuotare i magazzini. È da tempo che il settore ha bisogno di maggiore stabilità e lunghezza di prospettive e il fatto di passare i mesi di novembre e dicembre in ansia in attesa di un DPEF che decida se l’anno successivo sarà positivo o faticoso è in contraddizione con qualsiasi logica imprenditoriale, perché fa pensare quasi ai vignaioli che temono la grandine dei mesi estivi più che a un mercato di grandissima rilevanza per il futuro del Paese. Pensiamo al piano RePower EU e alla vetustà del patrimonio immobiliare nazionale prevalentemente privato: per dare efficienza energetica ai singoli soggetti (e quindi convenienza economica ai cittadini) e per dare minore dipendenza o totale indipendenza energetica all’Italia (e quindi merito politico) serve una legge quadro sull’incentivazione che abbia un respiro pluriennale, coerente con questi grandi obiettivi che non si realizzano da un anno all’altro, ma hanno la necessità di essere programmati nel tempo.
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